Un nuovo paradigma economico per le aree interne: la bioeconomia circolare
Un modello di sviluppo economico sostenibile perfetto per attivare lo sviluppo delle aree interne e rurali del nostro Paese, il caso Campania
Un modello economico che si basa sull’uso sostenibile delle risorse biologiche per produrre beni e servizi, puntando a sostituire materiali e fonti fossili con risorse rinnovabili e biologiche. Un approccio che mira a ridurre l’impatto ambientale, promuovendo un ciclo produttivo che minimizza rifiuti e inquinamento e reintegra i materiali di scarto nel ciclo economico. Al centro della bioeconomia c’è il patrimonio agroforestale, le biomasse trasformabili in energia, i materiali biobased, gli alimenti e i prodotti a basso impatto ambientale. L’obiettivo quello di creare una connessione virtuosa tra produzione, consumo e rigenerazione delle risorse naturali.
Sul fatto che l’economia circolare sia la strada da imboccare sono tutti d’accordo. Oscar di Montigny, Presidente della Grateful Foundation, al Convegno Nazionale di GBC Italia “Costruire il futuro: sostenibilità, finanza verde e AI al servizio dell’edilizia” tenutosi a Roma il 24 ottobre, ha proposto una visione ancora più radicale. Secondo Montigny, questo modello economico non dovrebbe limitarsi a essere una risposta emergenziale ai problemi che emergono. L’essere umano, sostiene, deve tornare al centro dell’economia attraverso un nuovo modello che definisce “sferico”, superando la logica lineare in favore di una circolarità che riduca, rigeneri e riqualifichi le risorse.
Fu l’economista e matematico Nicholas Georgescu-Roegen a parlare negli anni ’60 di bioeconomia circolare proponendo una radicale revisione dei principi dell’economia neoclassica, utilizzando il linguaggio delle scienze fisiche e naturali. A differenza dell’economia tradizionale – economia lineare –, che valuta lo sfruttamento delle risorse ambientali in funzione dell’utilità dei consumatori, la bioeconomia riconosce che ogni processo produttivo comporta la dissipazione irreversibile dell’energia e della materia, limitando le possibilità di riciclo totale dei materiali.
Un nuovo modello: la bioeconomia circolare
Non solo circolarità, dunque, ma un vero cambio di rotta verso fonti differenti per lo sviluppo economico. Nell’ottobre del 2018 la Commissione Europea ha inviato una comunicazione alle altre istituzioni europee dal titolo “Una bioeconomia sostenibile per l’Europa: rafforzare il collegamento tra economia, società e ambiente”. Ma cosa si intende per bioeconomia? Nel documento si legge: “la bioeconomia concerne tutti i settori e i sistemi basati su risorse biologiche, nonché sulle loro funzioni e principi, mettendo in relazione gli ecosistemi terrestri e marini con i settori della produzione primaria che utilizzano e producono risorse biologiche (agricoltura, silvicoltura, pesca e acquacoltura) e relativi settori economici e industriali che utilizzano risorse e processi biologici”. Fra gli obiettivi di questo paradigma c’è, quindi, il rinnovamento delle industrie, l’ammodernamento dei sistemi di produzione primari, la protezione dell’ambiente e il potenziamento della biodiversità.
L’industria forestale a servizio della bioeconomia
Un settore emblematico della bioeconomia è l’industria forestale, che utilizza legno e altre biomasse per creare prodotti come carta, bioenergie e materiali da costruzione che rispettino i criteri di sostenibilità e gli obiettivi Esg. Il 30 ottobre 2024 questi temi sono stati al centro del VII Forum Nazionale sulla Gestione Forestale Sostenibile, intitolato “La bioeconomia delle foreste: conservare, rigenerare, ricostruire”, organizzato da Legambiente a Roma. Durante il convegno, esperti e professionisti hanno discusso le potenzialità della bioeconomia forestale per contrastare i cambiamenti climatici, sostenere la biodiversità e promuovere la transizione ecologica. Non solo, la bioeconomia circolare è una risorsa chiave per i territori montani e per le aree rurali, che potrebbe favorirne lo sviluppo e attivarne il ripopolamento. Obiettivo del convegno è stato quello di condividere le strategie per rafforzare il sistema foresta legno e incentivare l’economia circolare in Italia. «Il Cluster Nazionale Italia Foresta Legno nasce proprio con questo obiettivo primario – spiega Alessandra Stefani, presidente del Cluster Nazionale Italia Foresta Legno –, è un’associazione di secondo livello che vuole porsi come promotore e coordinatore di cluster territoriali. L’obiettivo è quello di trasferire le conoscenze tecnologiche, le esperienze virtuose e coordinare le aree produttive del legno per attivarne filiere locali e virtuose».
Secondo il Rapporto sull’economia circolare in Italia di CEN-ENEA, l’insieme delle attività connesse alla bioeconomia ha un valore economico pari a oltre 312 miliardi di euro in termini di fatturato e circa 1,9 milioni di persone impiegate, rappresentando, nel 2017, il 19,5% del PIL nazionale e circa il 8,2% in termini di occupati. In merito al comparto forestale, anche se le stime quantitative non sono univoche, è certo che il patrimonio italiano di legno disponibile sia sottoutilizzato. «Qui si inserisce l’attività del Cluster Foresta Italia Legno. Come lo fa? Attraverso attività di mappatura delle foreste e delle imprese che fanno parte della loro filiera (segherie e silvicoltori per esempio), ma anche attraverso la promozione e l’attivazione di un percorso formativo come perito geoforestale e delle filiere forestali. Una figura che ad oggi manca in Italia» continua Stefani. Secondo i dati ISTAT, nel 2015 i prelievi legnosi sono stati pari a circa il 24% dell’incremento annuo di volume, contro valori medi europei che si attestano intorno al 65%. Le foreste in Italia sono ancora un tesoro inutilizzato. La gran parte del legno che viene lavorato è importato da altri paesi e le potenzialità del nostro patrimonio forestale non sono, dunque, sfruttate in modo adeguato. «Si rendono necessarie manovre che aiutino lo sviluppo della bioeconomia delle foreste e queste devono passare dalla federazione delle molte realtà, parcellizzate, che si trovano sul territorio» conclude la presidente Alessandra Stefani.
La bioeconomia circolare: un’opportunità per le aree rurali
Le attività legate alla bioeconomia si inseriscono bene nei contesti rurali, dove la disponibilità di biomassa e l’importanza della biodiversità sono elevate. Questo modello permette a territori marginali di valorizzare le risorse locali, incentivando la gestione sostenibile delle foreste e la rigenerazione dei terreni agricoli. Luigi Iavarone, amministratore di IWT – Iavarone Wood Technology, componente del Consiglio Direttivo del Cluster Spring e vicepresidente dell’AFI (Associazione Forestale Italiana), è fortemente convinto delle potenzialità della bioeconomia per lo sviluppo delle aree interne: «Tutte le proiezioni demografiche prevedono una concentrazione sempre maggiore della popolazione in megalopoli di varie decine di milioni di abitanti. In Italia oltre il 75% della popolazione già vive sul 25% della superfice. Tutti i tentativi per rendere attrattivi i territori rurali e montani, evitando lo spopolamento, in particolare delle giovani generazioni con il relativo invecchiamento, sono risultati vani. Si pensi al caso del terremoto in Irpinia e Basilicata del 1980 e la successiva politica di industrializzazione top-down che, salvo poche eccezioni (per esempio Ferrero, che non a caso in parte si avvale delle risorse agricole della zona), non può dirsi certamente riuscita. Questo nuovo paradigma economico, fortemente connesso al territorio, può invertire la tendenza allo spopolamento, creando nuove opportunità di lavoro e riducendo l’impatto ambientale».
La Regione Campania e il paradigma della bioeconomia circolare
Un esempio significativo dell’applicazione della bioeconomia circolare si trova nella Regione Campania, scelta come hub per una serie di progetti europei in corso di realizzazione da parte del Cluster Spring, che puntano a integrare innovazione, sostenibilità e inclusione sociale. Le aree interne e rurali, spesso colpite da spopolamento e declino economico, rappresentano oggi una risorsa cruciale per questa transizione.
La rivalutazione delle aree interne, come l’Alta Irpinia e la provincia di Salerno, è uno degli obiettivi prioritari delle strategie nazionale ed europea sulla bioeconomia. Queste zone, un tempo al centro di fallimentari politiche di industrializzazione, sono oggi considerate serbatoi di risorse fondamentali per l’economia circolare, grazie alle loro produzioni agroforestali e lattiero-casearie. In un’epoca in cui si prevede una crescente urbanizzazione, la bioeconomia offre una via per ripopolare le aree rurali, favorendo una transizione verso un modello produttivo più sostenibile e inclusivo, sfruttando le risorse già presenti sul territorio, soprattutto il patrimonio boschivo e forestale.
Progetti chiave in Campania: BioINSouth, Bioloc e RIBES
Tra i progetti europei del Cluster Spring che coinvolgono la Regione Campania, tre si distinguono per il loro potenziale trasformativo. Il progetto BioINSouth, avviato nel 2024, mira a sviluppare strumenti innovativi per la valutazione della sostenibilità ambientale dei settori bio-based, contribuendo alla competitività regionale e alla transizione verde dell’Unione Europea. Questo progetto, coordinato dal Cluster SPRING, prevede la creazione di otto hub in diverse regioni del Mediterraneo meridionale, tra cui uno in Campania.
Il progetto Bioloc, avviato nel 2022, punta invece a rivitalizzare le comunità locali attraverso l’innovazione bio-based. In Campania, l’hub Bioloc coinvolge attori locali dei settori agroforestale e lattiero-caseario, con l’obiettivo di rafforzare le filiere produttive nelle aree interne, migliorando la qualità della vita e incentivando la permanenza delle giovani generazioni.
Infine, il progetto RIBES, lanciato nel 2024, promuove soluzioni imprenditoriali inclusive e bio-based in nove regioni europee in ritardo nello sviluppo, tra cui la Campania. Attraverso forum deliberativi e processi di innovazione aperta, RIBES mira a trasformare il sistema produttivo regionale, favorendo il passaggio dall’economia lineare a quella circolare.
Il Cluster Spring e il suo ruolo nella bioeconomia
Il Cluster Spring, attivo dal 2014, rappresenta un punto di riferimento per l’innovazione nella bioeconomia circolare in Italia. Il cluster Spring riunisce attori del mondo accademico, agricolo, industriale e istituzionale per promuovere lo sviluppo e l’industrializzazione di tecnologie basate su risorse biologiche. «L’obiettivo è quello di favorire la transizione da un’economia lineare, basata sull’uso intensivo di risorse fossili, a una bioeconomia circolare, che valorizza le materie prime rinnovabili provenienti dal settore agricolo, forestale e dai rifiuti organici delle aree urbane» spiega il direttore Bonaccorso.
La bioeconomia come chiave per il ripopolamento delle aree rurali
L’approccio bioeconomico non solo riduce la dipendenza dai combustibili fossili, ma valorizza anche il patrimonio agroforestale e le risorse organiche delle aree interne. Come sottolineato, tra gli altri, dal meteorologo Luca Mercalli, la riduzione dell’uso di sostanze fossili è cruciale per combattere il cambiamento climatico, e la bioeconomia circolare offre inoltre un’alternativa sostenibile per lo sviluppo economico di queste zone. La Regione Campania, grazie alle sue specifiche politiche e all’impegno del Cluster Spring, è ben posizionata per svolgere un ruolo di leadership in questo nuovo paradigma. L’integrazione tra ricerca, innovazione tecnologica e sviluppo locale può contribuire a creare nuove forme di cooperazione, capaci di rivitalizzare le aree interne e di renderle concretamente e stabilmente attrattive per giovani e imprese.