Un francobollo celebra le lingue delle Alpi: 12 minoranze da tutelare
Il nuovo francobollo di Poste Italiane, voluto dal ministero delle Imprese e del Made in Italy, celebra le lingue delle Alpi
Molte lingue sono ancora parlate nei borghi di montagna, ma pochi bambini conoscono la lingua dei loro nonni. L’impegno delle associazioni del Piemonte: “è un patrimonio da tramandare anche a scuola”
Venticinque anni fa le lingue delle Alpi venivano riconosciute con una legge dello Stato approvata il 15 dicembre 1999. Oggi il ministero delle Imprese e del Made in Italy celebra l’evento con un francobollo che celebra le località italiane bilingui. Il francobollo, lanciato da Poste Italiane, festeggia le 12 minoranze linguistiche riconosciute e tutelate, molte delle quali sono usate ancora oggi nelle valli e in montagna, dove vivono le comunità che le hanno mantenute vive negli anni. È il caso degli occitani e dei francoprovenzali, rappresentate tra le valli del Cuneese e del Torinese, dei Walser, che abitano le regioni alpine attorno al massiccio del Monte Rosa.
Il format del francobollo, nato da un bozzetto di Matias Hermo, raffigura la penisola italiana avvolta in un nastro tricolore e circondata dalle denominazioni delle minoranze linguistiche presenti in Italia tutelate dall’articolo 6 della nostra Costituzione: franco provenzale, germanico, friulano, sloveno, ladino, croato, francese, occitano, catalano, sardo, albanese e greco. Appartiene alla serie tematica “il Senso civico” con una tiratura di 250.020 esemplari.
«Un riconoscimento importante per le lingue madri reso ancora più significativo dalla concomitanza con i primi 25 anni della legge sul bilinguismo che fu accolta in Piemonte con interesse – commenta l’assessore allo Sviluppo e promozione della montagna del Piemonte Marco Gallo – perché il patois, ma anche il titsch dei Walser, fanno parte a tutti gli effetti della cultura di una regione nata nel segno del multilinguismo e della diversità culturale e che oggi valorizza l’identità locale e il patrimonio storico sostenendo i diritti delle minoranze e favorendone lo sviluppo culturale».
Gli occitani, in Piemonte, sono la comunità più estesa, spalmati su 12 valli, 120 comuni con una popolazione di 180 mila abitanti (20 mila, circa gli occitani in Piemonte).
«Il francobollo è un’occasione piacevole di celebrare un momento che è stato tanto agognato come il riconoscimento della legge del 1999 anche se, 25 anni dopo, non siamo ancora riusciti a dargli piena applicazione», spiega Rosella Pellerino, dell’associazione Espaci Occitan, nata a Dronero per promuovere la conoscenza della lingua occitana. Oggi sono pochi i bambini che hanno imparato l’occitano dai loro genitori, qualcuno ricorda qualche parola pronunciata dai nonni, «questo perché, soprattutto al Nord, c’è stata per anni una certa vergogna a parlare una lingua diversa dall’italiano – prosegue Pellerino – La legge del 1999, invece, prevede che le minoranze siano insegnate anche a scuola, e in alcune regioni questo accade». L’Associazione Espaci Occitan, creata pochi mesi prima della legge del 1999, sta collaborando con l’Università di Torino per creare percorsi formativi certificati per docenti di lingua occitana. I corsi di lingua esistono già, sono anche online, «e sono molto frequentati, dai 17 agli 80 anni – spiega Pellerino –. Portiamo nelle scuole laboratori di lingua, musica e danza, abbiamo una biblioteca di libri occitani che è riconosciuta dal circuito delle biblioteche nazionali, abbiamo creato il primo museo multimediale della lingua occitana». L’impegno per non disperdere un patrimonio culturale è enorme.
«La lingua francoprovenzale è ancora usata nelle valli della provincia di Torino, dalla Valsangone alla Valle Soana e in val d’Aosta – spiega Guido Ostorero, esperto che da anni si impegna per la tutela del francoprovenzale – Il Francoprovenzale è parlato persino in una piccola enclave in Puglia dove nel medioevo arrivarono i mercenari francesi. Nei comuni di Celle San Vito e Faeto, due località isolate di montagna il dialetto locale è stato conservato».
I nonni delle borgate parlano il patuà, i bambini un po’ meno anche se associazioni come Effepi, Associazione di studi e di ricerche francoprovenzali, lavorano per mantenerlo vivo anche tra i più piccoli: «Ogni anno organizziamo concorsi scolastici che sono molto partecipati, siamo arrivati alla 42esima edizione – spiega Ostorero – così incoraggiamo la conoscenza di questa lingua che arriva da Lione e che è nata dallo scontro tra lingua d’Oc e d’Oil». I francoprovenzali si concentrano soprattutto nel Torinese, tra le valli Orco, Soana e di Lanzo, su una superficie che interessa 43 comuni, ma anche nella bassa val di Susa e Sangone, per un totale di circa 50mila abitanti, senza contare poi la Val d’Aosta dove è diffusa su tutto il territorio.
Grandi conoscitori della montagna, abituati ai climi rigidi, i walser trovarono nelle Alpi Pennine, Lepontine e Graie. Ed è in questi territori montuosi, caratterizzati da piccole borgate, pascoli d’alta quota, boschi e ambienti rocciosi improduttivi, che questo antico idioma è ancora parlato dalle poche centinaia di persone che formano la comunità walser delle valli Ossola, Formazza, Sesia e Anzasca.