Tesi di laurea di Giulia Marchisotti, selezionata dal Bando di Uncem per le “Migliori tesi di laurea sulla montagna, in memoria di Amministratori defunti negli ultimi anni”.

Il lavoro di Giulia Marchisotti si concentra sul recupero delle informazioni della tradizione fitoalimurgica e sugli usi popolari delle specie spontanee che crescono nelle aree naturali valsesiane, oltre alla loro valorizzazione dal punto di vista culinario, interagendo con la comunità risiedente.

Il tarassaco e l’ortica, le due specie più ricorrenti nell’indagine svolta, si trovano comunemente su tutto il territorio italiano, in particolare nell’ambito montano. Sono molto semplici da individuare, senza incorrere in problemi di confusione con altre specie che potrebbero risultare tossiche, facili da raccogliere e il loro utilizzo non è legato solo all’ambito culinario.

Esse presentano al loro interno una ricca quantità di principi attivi che conferiscono un carattere benefico, oltre che innumerevoli altre sostanze che ne contraddistinguono l’intenso sapore. Inoltre, le specie eduli spontanee più comuni sul territorio sono di frequente uso nella quotidianità, tanto da essere spesso utilizzate in sostituzione delle verdure che si trovano in commercio. Questo permette non solo di nutrirsi con cibi del tutto naturali, ma anche di poter beneficiare di tutte le proprietà che le stesse piante spontanee posseggono.

Perciò, è particolarmente importante la valorizzazione di queste specie su tutto il territorio.

 

L’indagine in dettaglio

L’indagine è stata svolta in Valsesia, il cui territorio comprende 27 comuni: Alagna Valsesia, Alto Sermenza, Balmuccia, Boccioleto, Borgosesia, Campertogno, Carcoforo, Cellio con Breia, Cervatto, Civiasco, Cravagliana, Fobello, Guardabosone, Mollia, Pila, Piode, Postua, Quarona, Rassa, Rimella, Riva Valdobbia, Rossa, Scopa, Scopello, Valduggia, Varallo e Vocca.

La Valsesia è una valle alpina piemontese in provincia di Vercelli e si presenta con monti piuttosto alti, con pendii ripidi che sottendono vallate strette. È considerata una delle valli più verdi d’Italia, racchiudendo al suo interno aree protette e parchi naturali, come il Parco Naturale Alta Valsesia, il quale si estende dagli 800 ai 4500 m s.l.m. e pertanto risulta essere il parco alpino più alto d’Europa.

L’analisi è stata svolta mediante la realizzazione di un questionario in forma anonima con la web app Google Moduli, e somministrato, grazie all’aiuto dei Comuni e delle Associazioni Turistiche, a un campione di popolazione casuale. Tale questionario è stato suddiviso in due macrosezioni: la prima focalizzata sulle generalità dell’intervistato, mentre la seconda incentrata sull’indagine botanica.

Lo studio ha portato alla raccolta di 36 risposte complessive, dalle quali sono emerse 37 specie spontanee differenti. Di queste ultime, le 6 piante con un numero di risposte maggiore sono state oggetto di ricerca bibliografica per analizzare le principali attività biologiche che le contraddistinguono.

Si è visto come in tutte le parti che compongono la pianta, vale a dire foglie, fiori, frutti, semi e radici, siano presenti un’elevata quantità di sostanze che ne conferiscono delle proprietà con effetto curativo per l’organismo e dei sapori più intensi rispetto ai vegetali che troviamo in commercio. Proprio queste caratteristiche fanno sì che le specie maggiormente citate, ovvero quelle più comunemente reperibili sul territorio, siano utilizzate pressoché quotidianamente in sostituzione delle classiche verdure come ingredienti di svariate pietanze, spaziando dalle minestre, alle frittate, alle misticanze.

I risultati emersi da questa indagine preliminare permettono di affermare che la pratica di raccolta spontanea sia ancora diffusa sul territorio, in particolare nella zona più a nord della valle, dove sono situati i comuni di provenienza che hanno riscontrato una maggiore frequenza di risposta. La zona della bassa Valsesia, invece, non ha avuto incidenza sulla raccolta di dati. Questo divario può essere dovuto alla più elevata quantità di aree naturali, come prati e pascoli, nella parte alta della valle, derivanti da passate attività pastorali, che hanno permesso un maggiore sviluppo di diverse specie di piante.

Le conoscenze che permettono a questa usanza di rimanere ancora viva tra le piccole comunità agricole montane derivano dalle persone anziane, le quali sono riuscite a trasmettere il loro sapere alle generazioni più giovani.

Nonostante ciò è da sottolineare che il limitato numero di risposte sia indice di un graduale abbandono di questa tradizione, dovuto anche al progresso che permette oggigiorno di poter reperire gli alimenti di cui abbiamo bisogno con estrema facilità. Quanto appena riportato deve però tenere conto del periodo durante il quale è stata svolta l’indagine, caratterizzato dalla pandemia Covid-19, che non ha permesso un dialogo diretto con gli intervistati, che hanno invece dovuto compilare un questionario online, pratica più complicata per le persone anziane.

L’elaborato si propone di andare a valorizzare le specie dal punto di vista culinario, e per questo motivo è stata condotta un’analisi sulle parti della pianta utilizzate. Da questo studio è emerso che nella maggior parte dei casi, le foglie risultano essere quelle di più frequente uso; spesso i fiori vengono raccolti insieme a esse, essendo le due componenti che persistono per un periodo più lungo dell’anno. Solo in rari casi, elementi come semi e radici vengono utilizzati in cucina: i motivi potrebbero essere, per quanto riguarda la radice, una difficile estrazione della stessa dal terreno, mentre, per quanto riguarda i semi, la ragione può essere legata alla volontà di preservare la specie.

Dall’indagine è emerso che la primavera e l’estate siano le due stagioni in cui si ha la massima varietà di specie presenti sul territorio. In particolare, la primavera risulta essere il momento in cui le parti della pianta sono più tenere e meno coriacee, ma soprattutto si ha la massima espressione dei principi attivi della specie.

Tra le specie censite, sei risultano maggiormente citate e oggetto di approfondimento bibliografico in merito al profilo fitochimico e all’attività biologica: Taraxacum officinale (L.) W.W. Weber ex F.H. Wigg., Urtica dioica L., Silene vulgaris (Moench) Garcke., Thymus serpyllum L., Chenopodium bonus-henricus L. e Aruncus dioicus (Walter) Fernand.