Conoscere, ripopolare, promuovere: la nuova vita dei borghi
Grazie agli sforzi combinati di privati cittadini, Comuni, Province e Regione, le borgate sono in grado di tornare ad essere centri attivi e vitali, come in parte è già accaduto negli ultimi dodici anni.
Recuperare un luogo abbandonato o in stato di degrado significa trasformare una sbiadita traccia del passato in una nuova possibilità, presente e futura. Affinché questo accada, non basta una semplice ristrutturazione, ma occorre un progetto di riqualificazione che riguardi l’aspetto architettonico, urbano e culturale. Come quello che tocca i borghi alpini, realtà che per via di una concatenazione di fattori – tra cui il fenomeno dell’inurbamento, avvenuto durante la seconda metà del ‘900 – hanno subito drastici sfollamenti. Alcuni di questi sono stati riqualificati attraverso l’utilizzo dei finanziamenti predisposti del Psr (Piano di sviluppo rurale) o grazie allo sforzo di Onlus e iniziative private.
È dal 2008 che l’Uncem ha iniziato a intavolare piani di dialogo e di lavoro con i vari assessori regionali e i funzionari, in particolare quelli che si occupavano di fondi europei, al fine di porre il concetto di “recupero” al centro del dibattito regionale e nazionale. Durante la programmazione 2007-2013, l’Uncem ha inserito una misura specifica per la rivitalizzazione dei villaggi all’interno del Psr (Piano di sviluppo rurale): la 322. Oltre 90 i comuni partecipanti, attraverso l’impegno delle Comunità montane, per un totale di circa trenta progetti finanziati. A livello politico, la vera sfida è stata quella di trovare modi per agevolare il recupero architettonico ed edilizio degli immobili, secondo criteri ambientali ed energetici, favorendo la residenza stabile, l’arrivo di giovani e l’attivazione di nuove imprese nei settori agricolo, turistico-ricettivo, artigianale. Un obiettivo di non facile realizzazione, che ha richiesto una pianificazione chiara e una dichiarazione d’intenti condivisa da parte di tutte le figure coinvolte. Non solo gli Enti Pubblici, ma anche altri soggetti paralleli, come le associazioni culturali e le università, fino ai privati cittadini.
Nel 2012, l’Uncem ha realizzato una “mappatura” più ampia, attraverso un censimento che ha portato alla realizzazione del marchio e del “club” dei Comuni che avevano recuperato i borghi grazie alle risorse della misura 322 del Psr 2007-2013, ma anche quelli che avevano avviato o completato progetti di recupero paralleli e indipendenti dagli incentivi regionali. Un lavoro inclusivo che ha dato vita al sito www.borghialpini.it (da cui è scaricabile anche l’ultimo censimento presentato nel 2020).
Benché ogni borgo fosse caratterizzato da tratti distintivi e unici, il criterio condiviso dai piani di riqualificazione è stato quello di puntare sulle risorse che le Terre Alte mettevano a disposizione, rispettando la tradizione e, al contempo, cercando di accompagnare la modernità degli insediamenti. Domotica, green economy, implementazioni di fonti energetiche rinnovabili, utilizzo di materiali autoctoni – come il legno e la pietra – che permettessero di integrare nuovi stili progettuali e conservare i volumi carichi di storia.
Per quanto riguarda l’immediato futuro, il Psr 2014-2020 consentirà di finanziare una decina di progetti di riqualificazione, che dopo essere già stati selezionati sono ora in fase di definizione. In un’ottica più a lungo termine, invece, l’Uncem è convinta della necessità di utilizzare le risorse del Psr 2021-2027 per la creazione e lo sviluppo di “Smat villages”, che avranno sempre più spazio anche all’interno dei programmi europei.