Sdraiato in cima al mondo. La mia storia dalla vetta del Nanga Parbat all’inferno del Gasherbrum VII
di Cala Cimenti
Sabato 20 luglio 2019, Ghiacciaio del Gasherbrum. Cala Cimenti, scalatore e sciatore d’alta quota, è appena arrivato sulla cima dell’inviolato G7. È il primo a mettere piede lassù: l’entusiasmo è alle stelle e i suoi sci reclamano la prima discesa su quella parete immacolata. È molto ripido e la neve è dura. Ma l’ebbrezza e l’adrenalina non lo distraggono, lo mantengono vigile e attento. Finita la discesa, Cala si guarda intorno e prende la macchina fotografica per filmare il suo compagno di scalata, Francesco Cassardo. Ma un urlo strozzato rapisce la sua attenzione: Francesco sta cadendo. Testa e piedi, testa e piedi: in un susseguirsi di capriole, acquista subito velocità e presto la montagna ammantata di bianco si colorerà del suo zaino, dei suoi vestiti e di macchie rosse. Da qui che comincia la narrazione dell’avventura di Cala e del suo lungo viaggio, iniziato sul Nanga Parbat e terminato alle pendici del Gasherbrum VII. È l’estate del 2019 quando Cala decide di partire per questa doppia impresa. Prima tappa, il Nanga Parbat: la nona vetta più alta del mondo, soprannominata «la montagna assassina» per via dell’elevato numero di scalatori che non hanno più fatto ritorno, era diventata un sogno proibito. Insieme a una coppia di alpinisti russi, Vitaly e Anton, Cala affronta la montagna senza scrupoli. La loro compagnia, goliardica e divertente, rende più lievi le giornate, ma non le salite. Perché, tra percorsi quasi impraticabili e valanghe improvvise, il maestoso e maledetto Nanga mette Cala a dura prova, ponendogli di fronte ostacoli e imprevisti. Ma la ricompensa, vista dagli 8.126 metri della cima, è immensa. Sarà il G7, la seconda tappa, a fargli vivere una delle più terribili avventure della sua vita: dopo la caduta accidentale, Francesco rischia di morire in modo impietoso. Il tributo, fisico ed emotivo, richiesto a Cala per salvare il compagno è davvero grande: i soccorsi non riescono ad arrivare e le notti si susseguono a temperature gelide e senza tenda. Sarà grazie alla collaborazione con la moglie Erika dall’Italia che riuscirà a mantenere il sangue freddo e ad aspettare i soccorsi che, infine, porteranno in salvo Francesco. Una storia di avventura e perseveranza, di amicizia e di amore, di coraggio e di speranza.
Cala Cimenti
Carlalberto “Cala” Cimenti (Torino, 14 febbraio 1975 – Sauze di Cesana, 8 febbraio 2021) è stato un alpinista e scialpinista italiano. Laureato in Lettere all’Università di Torino, in gioventù praticò ciclismo agonistico su strada, salvo poi dedicarsi ad alpinismo e scialpinismo, oltreché a free ride e parapendio. Era responsabile del settore free ride del comprensorio sciistico di Prali in Val Germanasca.
Nell’ottobre del 2011 riuscì a realizzare la prima discesa non integrale italiana con gli sci dalla cima del Manaslu in Nepal, l’ottava montagna più alta della Terra, insieme all’alpinista e snowboarder Marco Galliano. Divenne inoltre il primo italiano a conquistare il prestigioso Premio Leopardo delle Nevi, avendo compiuto l’ascesa delle cinque montagne sopra i 7.000 m dell’ex Urss tra il 2013 e l’estate del 2015. Nel maggio 2018 riuscì a salire in vetta al Laila Peak, un Seimila pakistano dalla caratteristica forma di lancia, per poi compiere la seconda discesa integrale della montagna con gli sci. Scalò inoltre nell’estate del 2019 il Nanga Parbat, uno degli Ottomila più difficili, scendendo nuovamente con gli sci ai piedi. Successivamente realizzò, impresa mai riuscita ad alcuno scalatore prima, l’ascesa del Gasherbrum VII (6.955 m) sull’Himalaya attraverso una via diretta e in puro stile alpino: qui durante la discesa salvò la vita al suo compagno Francesco Cassardo.
Cimenti morì pochi giorni prima del suo 46esimo compleanno, mentre sciava in Alta Val di Susa, travolto da una valanga in un canalone di Cima del Bosco, lungo il versante che scende sulla Valle Argentera, insieme a Patrick Negro.