Qui il sentiero si perde, uscito a Parigi per Gallimard nel 1955, fu quasi completamente ignorato da critica e pubblico. Eppure si trattava di una grandiosa epopea dell’Est, cioè dalla Russia all’Asia profonda (Siberia, Mongolia, Uzbekistan, Tagikistan, Tibet), attraversati nei primi decenni dell’Ottocento da bande di banditi, da rivolte militari e di contadini, folklore, misticismo, contaminazioni e integralismi religiosi, tra sette ortodosse, islam, buddismo.

Uno di quei libri in cui solo raramente si ha la fortuna di imbattersi. Un romanzo ammaliante, irresistibile, felice.

All’apice della sua potenza, dopo avere sconfitto Napoleone, e avere ridisegnato i confini dell’Europa, lo zar Alessandro I muore. Ma subito si fanno strada voci incontrollate: no, l’imperatore non è morto – è in fuga dal suo paese incendiato dalle rivolte, cerca la pace e l’espiazione dentro un monastero, si fa monaco e poi diventa schiavo, ripercorre al contrario tutti i gradini della società alla ricerca di un dio che ha abbandonato. Adelphi ripubblica il romanzo: un’epopea mistica e avventurosa nelle terre selvagge e sterminate dell’Est.

Peské Marty: Antoinette Peské e Pierre Marty, marito e moglie, sono stati scrittori francesi che hanno firmato insieme sotto il trasparente pseudonimo Peské-Martin. Insieme crearono opere che si distinguono per la loro fusione di avventura, spiritualità e introspezione.