Diciotto castagne
di Mario Curnis
Tra ricordi, associazioni, sfoghi, la vita di Curnis emerge dalle pagine, un tassello dopo l’altro. Il filo conduttore, tra flashback, aneddoti e frammenti di diario, è la saggezza del suo sguardo da “capo indiano”, l’indipendenza di giudizio con la quale analizza e interpreta le sue vicende, l’alpinismo di ieri e di oggi, la sobrietà, l’ascolto della natura, la vita e la morte, la solitudine e l’amicizia, il lavoro e la passione. La felicità, sempre.
Di Mario Curnis
Mario Curnis è stato in parete con quattro generazioni di scalatori, i più grandi. Ha affrontato le Alpi, le Ande, l’Himalaya e più volte l’Everest. Ma non è stato solo un alpinista. Ha conosciuto fin da bambino la fame, le privazioni e la fatica del lavoro, poi via via ha incontrato il successo e il fallimento, la malattia, la depressione e la rinascita, sempre con al fianco la moglie Rosanna, con la quale vive in una baita lontano da tutto. Loro, insieme, hanno piantato mille alberi e spostato le montagne. Quella di Mario Curnis è una storia di riscatto, dignità, coerenza, ribellioni, rischi, rivincite e resurrezioni. Di come si possa cadere, combattere e rialzarsi. Ma è anche un’attualissima lezione di semplicità e di armonia con l’ambiente. E il racconto di come si possa, con pochi mezzi, rinunciando al superfluo, ottenere il risultato più difficile: la felicità. Perché la felicità non costa nulla ed è accanto a noi, posata sul ramo di un albero o nascosta sotto la neve. La sua è una storia unica e irripetibile, ma che parla delle vite di tutti. La sua memoria non descrive il fascino di un mondo che non c’è più, ma quello di un mondo come potrebbe essere.