Costruire ad alta quota
Intervista a Daniele Regis e Peter Pichler
È possibile recuperare e rilanciare i contesti montani, senza snaturarli, attraverso interventi orientati alle risorse locali.
La pianificazione progettuale, valida in termini di efficientamento energetico come in ottica di sostenibilità, richiede la conoscenza del territorio e la capacità di interpretarlo. Dal rapporto tra insediamento e paesaggio agli elementi tipologici, dalle stratificazioni storiche alla filiera corta. Che si tratti di riqualificazioni o di realizzazioni ex novo, approcci più tradizionali a livello estetico e di tecniche costruttive convivono con altri orientati in un contrappunto tra antico e moderno.
Interviste
Daniele Regis, Architetto e docente
Professore aggregato in Composizione architettonica e urbana presso il DAD (Dipartimento di Architettura e Design) del Politecnico di Torino.
Come costruire e riqualificare in montagna e in che modo rapportarsi a territorio e architettura esistente?
La conoscenza del patrimonio è ineludibile. In sintesi alcuni degli aspetti qualificanti per il recupero: un rilievo preciso dell’esistente, dei singoli edifici sino al dettaglio, dell’intera borgata e del contesto, la predisposizione di manuali di recupero per singoli villaggi, l’applicazione della Carta del Restauro, valutando i principi di riconoscibilità, reversibilità e minimo intervento. Su tutto domina il principio di ricomposizione formale dell’immagine complessiva della borgata, della “Misura”, della corretta scala come “elegia” del progetto.
In ottica di efficientamento energetico e rapporto col paesaggio, come si inseriscono materiali, design e tecnologia?
Il primo tema della sostenibilità è legato al consumo di suolo. Le recenti esperienze sono basate perlopiù su edifici di nuova formazione e non sull’efficientamento energetico degli esistenti. Altro tema qualificante: l’applicazione delle “filiere corte” (legno, pietra, calci …) entro un sistema di relazioni legato al cantiere, risorse locali e società. In questa chiave l’utilizzo di materiali tradizionali o innovativi è aspetto non contradditorio se concorre all’immagine predisposta dal piano di recupero e ai valori dell’abitare in montagna.
Che ruolo assume la cooperazione tra pubblico e privato e in che modo può realizzarsi?
Uno dei problemi più grandi è la parcellizzazione fondiaria come quelle delle proprietà degli edifici. La recente legge regionale sull’associazione fondiaria offre spunti anche per il costruito, nelle ipotesi di concessione dei beni anche in comodato d’uso a soggetti che intendano portare avanti progetti di valorizzazione in armonia con le vocazioni produttive, culturali e turistiche, individuate entro piani partecipati.
Peter Pichler, architetto
Founder & Partner di Peter Pichler Architecture, è riconosciuto per l’approccio olistico e l’implementazione di elementi vernacolari nella sua architettura.
Come costruire e riqualificare in montagna e in che modo rapportarsi a territorio e architettura esistente?
Il nostro studio è da sempre impegnato nello sviluppo di un approccio progettuale innovativo e contemporaneo, in dialogo col territorio e col contesto culturale del luogo. Nel caso del progetto di ristrutturazione dell’Hotel Schgaguler a Castelrotto, ad esempio, abbiamo creato un edificio capace di mantenere la propria indipendenza senza però ignorare il patrimonio locale, a livello di strutture preesistenti e di caratteristiche geografiche. Una dimostrazione di come la tradizione può continuare a vivere attraverso un progetto di rinnovamento.
In ottica di efficientamento energetico e rapporto col paesaggio, come si inseriscono materiali, design e tecnologia?
L’approccio sostenibile deve essere una costante nella progettazione. Fin dalle prime fasi occorre individuare le soluzioni architettoniche che possono portare benefici quali il controllo dei consumi energetici e la riduzione dello sfruttamento delle risorse. Si consideri che, grazie ai nuovi materiali, la prefabbricazione diventa un criterio produttivo con un eco-bilancio migliore rispetto all’edificazione tradizionale. È bene poi valorizzare competenze e materiali a chilometro zero, stabilendo rapporti positivi con le imprese locali.
Che ruolo assume la cooperazione tra pubblico e privato e in che modo può realizzarsi?
Non si può prescindere dalla cooperazione tra pubblico e privato. Questa, infatti, rappresenta una sinergia fondamentale nella progettazione di nuovi spazi, che devono creare oggi più che mai un approccio olistico per perseguire un impatto effettivamente positivo. È quindi necessario che pubblico e privato instaurino un dialogo e creino una comunità di intenti, condividendo strategie e soluzioni progettuali studiate e determinate attraverso sostenibilità, value engineering e razionalizzazione.
Di Leonardo Selvetti